La Cassazione (sentenza n. 2758 del 23 febbraio 2012) è tornata sul tema
dei “finanziamenti soci” alle società di capitali.
La decisione, resa in una controversia in materia di bilancio, fa il punto
sulla natura giuridica di queste erogazioni, precisando che può trattarsi, in
alternativa:
- di somme date a titolo di mutuo con l'obbligo per la società di
restituire la somma ricevuta a una determinata scadenza.
- oppure di «erogazioni che, pur
non costituendo veri e propri conferimenti di capitale e non implicando perciò
l'acquisizione o l'incremento di quote di partecipazione nella società, sono
destinate ad accrescerne il patrimonio, confluendo perciò in apposite riserve
con la denominazione di versamenti "in conto capitale" o "in
conto copertura perdite di capitale" o altre simili.»
Secondo la Suprema Corte per stabilire «quando
si è in presenza di un versamento in conto capitale di rischio e quando,
invece, le somme versate dai soci alla società configurano un vero e proprio
rapporto di mutuo, o a questo comunque assimilabile, occorre naturalmente
rifarsi alla volontà negoziale delle parti, e quindi al modo in cui essa si è
manifestata, desumibile anche, in difetto di altro, dalla qualificazione della
relativa posta nel bilancio d'esercizio approvato con il voto dello stesso
socio conferente. Ma la prova che il versamento operato dal socio sia stato
eseguito per un titolo che giustifichi la pretesa di restituzione - prova della
quale è onerato il medesimo socio - dev'essere tratta non tanto dalla
denominazione con la quale il versamento è registrato nelle scritture contabili
della società, quanto soprattutto dal modo in cui concretamente è stato attuato
il rapporto, dalle finalità pratiche cui esso appare essere diretto e dagli
interessi che vi sono sottesi.»
Si può, per esempio, individuare un apporto di capitale di rischio quando
manchi del tutto la pattuizione d’interessi o quando il finanziamento non sia
chiesto in restituzione per anni ovvero quando il socio finanziatore faccia
acquiescenza all’inserimento del debito in una posta qualificata “aumento
capitale”, “futuro aumento di capitale” o simile.
Non va dimenticato che la questione del trattamento dei finanziamenti dei
soci è oggi risolta da due disposizioni del codice civile.
Per l’articolo 2467 nella società a responsabilità limitata, i
finanziamenti dei soci, in qualsiasi forma effettuati, sono postergati rispetto
alla soddisfazione degli altri creditori e, se il rimborso è avvenuto nell'anno
precedente alla dichiarazione di fallimento della società, i soci devono
restituirne l'importo. Condizione perché operi questa regola è che i
finanziamenti siano stati concessi «in un
momento in cui, anche in considerazione del tipo di attività esercitata dalla
società, è un eccessivo squilibrio dell'indebitamento rispetto al patrimonio
netto oppure in una situazione finanziaria della società nella quale sarebbe
stato ragionevole un conferimento».
L'art. 2497-quinquies c.c. estende la regola dell'art. 2467 ai
finanziamenti concessi a una società (non necessariamente s.r.l.) «da chi esercita attività di direzione e
coordinamento nei suoi confronti o da altri soggetti a essa [s’intende,
attività di direzione e coordinamento] sottoposti».
Diverse sentenze di merito hanno affermato, da ultimo, l’applicabilità
dell’articolo 2467 anche alle s.p.a. (Trib. Pistoia, 28 settembre 2008; Trib.
Udine 3 marzo 2009. Sembra contraria la Cassazione con la sentenza n. 16393 del
24 luglio 2007.)
Il tema sopra trattato suscita qualche riflessione.
La prima riflessione si riferisce alla disparità di trattamento tra il
socio receduto senza ottenere la restituzione del proprio finanziamento e i
soci rimasti in società che ottengano in seguito la restituzione dei loro senza
formale delibera di riduzione del capitale.
Altra riflessione si riferisce alla tutela dei terzi creditori, che possono
essere indotti a supporre una dotazione patrimoniale in realtà fragile, perché
facilmente neutralizzabile attraverso la restituzione degli apporti finanziari
dei soci non imputati a capitale.
Altra riflessione, ancora, riguarda la valutazione della partecipazione
sociale in tutti i casi in cui ciò si renda necessaria (recesso, esecuzione
forzata, risarcimento del danno, ecc.): non è certo facile, in questa
situazione, qualificare l’apporto finanziario di un socio come parte
dell’immobilizzazione di capitale di rischio ovvero come credito.